BEATRICE V. - STUDENTE ITALIANA IN FRANCIA
"Mi chiamo Beatrice V., ho 23 anni, fin da piccola coltivo una passione per le lingue straniere, in particolare per le cosiddette lingue romanze. Il percorso universitario che ho intrapreso mi ha permesso di sperimentare tre università diverse nel corso di questi cinque anni, tra Francia, Inghilterra e Italia, partecipando a due programmi di mobilità. Inizialmente focalizzata prettamente nell'ambito della traduzione e interpretariato, nel quale ho ottenuto una laurea triennale (Licence in Francia), ho deciso di specializzare i miei studi in un ramo più economico rivolto maggiormente al settore aziendale e transfrontaliero, sfruttando le mie capacità sviluppate in ambiti multiculturali fino ad ora."
"Le mie idee erano piuttosto chiare fin dalla scuola media (11-14 anni), quando quelle poche ore di francese a settimana mi fecero optare per il Liceo Linguistico (una sorta di Bac L specializzato sulle lingue e le letterature straniere), scegliendo francese e spagnolo oltre all'inglese obbligatorio (che a dir la verità non mi ha mai entusiasmato). Grazie al Liceo ho potuto sostenere un esame aggiuntivo di storia e letteratura francese che mi ha permesso di ottenere un titolo equivalente al Baccalauréat francese. Convinta e decisa nel proseguire i miei studi in lingue ho deciso di partire a 19 anni (grazie all'aiuto morale ma soprattutto economico della mia famiglia) per inscrivermi direttamente a Nizza alla facoltà di Lettres. I due motivi principali: le spese universitarie irrisorie (180euro confronto ai probabili 2000euro annui che i miei genitori avrebbero dovuto pagare a Torino) e la voglia di una vera full immersion in un paese di cui studiavo la lingua da qualche tempo. La mia priorità era di imparare il francese; dei corsi che mi avrebbero atteso non ne avevo la minima idea anche se i miei ex-professori di Liceo furono molto disponibili nell'aiutarmi e consigliarmi. "
"Durante i miei primi anni di vita nizzarda il mio confronto si basava sostanzialmente su testimonianze di amici: io certamente molto impegnata tra corsi e compiti un po’ come alla scuola superiore assieme ai miei 20/30 compagni di corso, i miei coetanei sballottati tra libroni e lezioni frontali contenenti anche centinaia di studenti spesso seduti per terra a causa della limitata capienza delle aule. Dopo l’esperienza genovese posso dire che le differenze sono tante: dall'approccio più infantile/scolastico ma molto pratico francese nei primi anni rispetto a quello immediatamente accademico caratterizzato dal sapere enciclopedico di cui andiamo tanto fieri in Italia, alla mole di studio o ancora l’organizzazione delle lezioni e degli esami nel corso dell’anno. In parole povere, se in Francia ci concentriamo su un concetto in Italia ci si focalizza innanzitutto sul contesto; è più importante saper effettivamente tradurre o conoscere a memoria le tecniche di traduzione, gli autori e l’epoca in cui sono state sviluppate?
In Italia trovo che non si dia spazio alla creatività e allo sviluppo intellettuale degli studenti. Invece di premiare l’originalità di un lavoro la maggior parte dei professori rifila agli studenti libri che loro stessi hanno pubblicato e si aspettano che vengano recitati quasi a memoria. La Francia si trova a metà strada tra l’Italia e l’Inghilterra. In Inghilterra il professore spiega la lezione e certamente non si aspetta lo stesso contenuto (che ovviamente già conosce) dallo studente, che invece dovrà sviluppare un punto a piacimento sotto forma di saggio o presentazione orale."
"In Italia generalmente l’università è percepita come luogo prettamente di studio, molto più che in Francia. Entrambi i sistemi rispecchiano una “classe sociale”, talvolta politicizzata: il cliché dello studente di Giurisprudenza o Filosofia non è molto diverso tra i due paesi. Sicuramente un fattore che integra la vita sociale dell’università francese è l’accesso alle attività sportive, che in Italia sono quasi sempre esterne. I 5 anni di liceo italiani contro i 3 francesi influiscono sul gruppo di amici, così come la differenza d’età, seppur di un anno soltanto, contribuiscono al valore a cui si dà all’università. Ma più di tutti a mio avviso è la differenza economica tra i due paesi: uno studente italiano percepisce l’università come un sacrificio della famiglia, se non personale quando i genitori non possono permetterselo, e quindi deve lavorare per pagarsi gli studi. Con il reddito dei miei genitori, benché modesto, in Italia rientrerei tra le fasce più alte senza aver diritto a alcuna borsa o riduzione, mentre in Francia gli aiuti statali finanziano quasi un terzo dell’affitto solo per il fatto di essere studente."
"Ogni sistema rispecchia la cultura del paese. Il migliore tra i due direi che è l’Inghilterra ma non è contemplata nella domanda. Forse l’approccio degli studenti italiani (che sono tanti a Nizza) nel sistema francese è quello che da più frutti per la maggiore riconoscenza per il percorso che si sta facendo e per l’impegno che si dedica di conseguenza allo studio. Di certo uno studente italiano alla fine della laurea magistrale sarà un cervellone super specializzato sulla teoria delle materie che ha affrontato, ma il francese sarà più abituato all'applicazione e a mio avviso avrà meno difficoltà ad ambientarsi nel mondo del lavoro.
Un altro grande “gap” è senza dubbio la storia dei crediti e dei voti. Lo studente italiano medio si stressa per la corsa ai crediti nemmeno collezionasse figurine dei calciatori, così come la corsa al 30 e lode. In Francia la media voti non conta così tanto, né preclude opportunità in caso di “mediocrità accademica”."
"Mi ritengo fortunata ed estremamente soddisfatta delle scelte che ho fatto e delle opportunità che la Francia mi ha offerto, probabilmente non sarebbero state le stesse avessi scelto un’università italiana: penso al livello che ho ora di francese e all'esperienza di un anno in Inghilterra. In Italia probabilmente sarei finita in Spagna (senza nulla togliere alla Spagna) per un semestre soltanto, perché l’Inghilterra è quasi inaccessibile per i posti limitati e per la media che uno studente deve avere per accedervi. L’anno universitario francese comincia ad inizio settembre e a fine aprile corsi ed esami sono finiti, così da dare la possibilità agli studenti di cominciare ad avere esperienze professionali. Il curriculum di uno studente italiano è molto più spoglio, appunto perché impegnato nella sessione estiva degli esami e nella redazione della tesi inesistente in Francia. "
- Puoi raccontare in qualche parola chi sei e qual è il tuo percorso universitario?
"Mi chiamo Beatrice V., ho 23 anni, fin da piccola coltivo una passione per le lingue straniere, in particolare per le cosiddette lingue romanze. Il percorso universitario che ho intrapreso mi ha permesso di sperimentare tre università diverse nel corso di questi cinque anni, tra Francia, Inghilterra e Italia, partecipando a due programmi di mobilità. Inizialmente focalizzata prettamente nell'ambito della traduzione e interpretariato, nel quale ho ottenuto una laurea triennale (Licence in Francia), ho deciso di specializzare i miei studi in un ramo più economico rivolto maggiormente al settore aziendale e transfrontaliero, sfruttando le mie capacità sviluppate in ambiti multiculturali fino ad ora."
- Perché hai deciso di lasciare l’Italia per venire a studiare in Francia? (cioè quali sono stati i motivi: costo di studio, voglia di imparare una nuova lingua/cultura, offerta formativa…)
"Le mie idee erano piuttosto chiare fin dalla scuola media (11-14 anni), quando quelle poche ore di francese a settimana mi fecero optare per il Liceo Linguistico (una sorta di Bac L specializzato sulle lingue e le letterature straniere), scegliendo francese e spagnolo oltre all'inglese obbligatorio (che a dir la verità non mi ha mai entusiasmato). Grazie al Liceo ho potuto sostenere un esame aggiuntivo di storia e letteratura francese che mi ha permesso di ottenere un titolo equivalente al Baccalauréat francese. Convinta e decisa nel proseguire i miei studi in lingue ho deciso di partire a 19 anni (grazie all'aiuto morale ma soprattutto economico della mia famiglia) per inscrivermi direttamente a Nizza alla facoltà di Lettres. I due motivi principali: le spese universitarie irrisorie (180euro confronto ai probabili 2000euro annui che i miei genitori avrebbero dovuto pagare a Torino) e la voglia di una vera full immersion in un paese di cui studiavo la lingua da qualche tempo. La mia priorità era di imparare il francese; dei corsi che mi avrebbero atteso non ne avevo la minima idea anche se i miei ex-professori di Liceo furono molto disponibili nell'aiutarmi e consigliarmi. "
- Che differenze hai potuto notare tra Francia e Italia per quanto riguarda l’insegnamento? (cioè la quantità di studio richiesta, il coinvolgimento dei docenti e degli studenti, la qualità dell’insegnamento, la proporzione di teoria rispetto alla pratica … e qualsiasi cosa ti piacerebbe aggiungere).
"Durante i miei primi anni di vita nizzarda il mio confronto si basava sostanzialmente su testimonianze di amici: io certamente molto impegnata tra corsi e compiti un po’ come alla scuola superiore assieme ai miei 20/30 compagni di corso, i miei coetanei sballottati tra libroni e lezioni frontali contenenti anche centinaia di studenti spesso seduti per terra a causa della limitata capienza delle aule. Dopo l’esperienza genovese posso dire che le differenze sono tante: dall'approccio più infantile/scolastico ma molto pratico francese nei primi anni rispetto a quello immediatamente accademico caratterizzato dal sapere enciclopedico di cui andiamo tanto fieri in Italia, alla mole di studio o ancora l’organizzazione delle lezioni e degli esami nel corso dell’anno. In parole povere, se in Francia ci concentriamo su un concetto in Italia ci si focalizza innanzitutto sul contesto; è più importante saper effettivamente tradurre o conoscere a memoria le tecniche di traduzione, gli autori e l’epoca in cui sono state sviluppate?
In Italia trovo che non si dia spazio alla creatività e allo sviluppo intellettuale degli studenti. Invece di premiare l’originalità di un lavoro la maggior parte dei professori rifila agli studenti libri che loro stessi hanno pubblicato e si aspettano che vengano recitati quasi a memoria. La Francia si trova a metà strada tra l’Italia e l’Inghilterra. In Inghilterra il professore spiega la lezione e certamente non si aspetta lo stesso contenuto (che ovviamente già conosce) dallo studente, che invece dovrà sviluppare un punto a piacimento sotto forma di saggio o presentazione orale."
- Che differenze hai potuto notare tra Francia e Italia per quanto riguarda la vita studentesca (cioè tutto quello che gira attorno all'università: eventi organizzati dall'università, vita associativa, organizzazione dei campus che favorisce gli incontri con altri studenti, e soprattutto il valore dell’università per gli studenti, l’importanza che rappresenta)
"In Italia generalmente l’università è percepita come luogo prettamente di studio, molto più che in Francia. Entrambi i sistemi rispecchiano una “classe sociale”, talvolta politicizzata: il cliché dello studente di Giurisprudenza o Filosofia non è molto diverso tra i due paesi. Sicuramente un fattore che integra la vita sociale dell’università francese è l’accesso alle attività sportive, che in Italia sono quasi sempre esterne. I 5 anni di liceo italiani contro i 3 francesi influiscono sul gruppo di amici, così come la differenza d’età, seppur di un anno soltanto, contribuiscono al valore a cui si dà all’università. Ma più di tutti a mio avviso è la differenza economica tra i due paesi: uno studente italiano percepisce l’università come un sacrificio della famiglia, se non personale quando i genitori non possono permetterselo, e quindi deve lavorare per pagarsi gli studi. Con il reddito dei miei genitori, benché modesto, in Italia rientrerei tra le fasce più alte senza aver diritto a alcuna borsa o riduzione, mentre in Francia gli aiuti statali finanziano quasi un terzo dell’affitto solo per il fatto di essere studente."
- Secondo te, c’è un sistema più valido e più performante dell’altro? Perché ?
"Ogni sistema rispecchia la cultura del paese. Il migliore tra i due direi che è l’Inghilterra ma non è contemplata nella domanda. Forse l’approccio degli studenti italiani (che sono tanti a Nizza) nel sistema francese è quello che da più frutti per la maggiore riconoscenza per il percorso che si sta facendo e per l’impegno che si dedica di conseguenza allo studio. Di certo uno studente italiano alla fine della laurea magistrale sarà un cervellone super specializzato sulla teoria delle materie che ha affrontato, ma il francese sarà più abituato all'applicazione e a mio avviso avrà meno difficoltà ad ambientarsi nel mondo del lavoro.
Un altro grande “gap” è senza dubbio la storia dei crediti e dei voti. Lo studente italiano medio si stressa per la corsa ai crediti nemmeno collezionasse figurine dei calciatori, così come la corsa al 30 e lode. In Francia la media voti non conta così tanto, né preclude opportunità in caso di “mediocrità accademica”."
- Per finire, sei soddisfatta delle tue scelte? E quali consigli potresti dare a uno studente italiano che vorrebbe studiare in Francia?
"Mi ritengo fortunata ed estremamente soddisfatta delle scelte che ho fatto e delle opportunità che la Francia mi ha offerto, probabilmente non sarebbero state le stesse avessi scelto un’università italiana: penso al livello che ho ora di francese e all'esperienza di un anno in Inghilterra. In Italia probabilmente sarei finita in Spagna (senza nulla togliere alla Spagna) per un semestre soltanto, perché l’Inghilterra è quasi inaccessibile per i posti limitati e per la media che uno studente deve avere per accedervi. L’anno universitario francese comincia ad inizio settembre e a fine aprile corsi ed esami sono finiti, così da dare la possibilità agli studenti di cominciare ad avere esperienze professionali. Il curriculum di uno studente italiano è molto più spoglio, appunto perché impegnato nella sessione estiva degli esami e nella redazione della tesi inesistente in Francia. "
JULIE R. - ETUDIANTE FRANCAISE EN ITALIE
"Je m’appelle Julie R., je suis étudiante en Master 2 Langues et Affaires Internationales Relations Franco-Italiennes. Avant cela j’ai suivi une Licence en Langues Étrangère Appliquées et dans le cadre de ce cursus j’ai choisi d’étudier trois langues : l’anglais, l’italien et l’espagnol."
"J’ai décidé de partir étudier en Italie car c’est un pays dont une grande partie de ma famille est originaire. Mais ce n’est pas la seule raison, je suis également passionnée par la culture et la langue italiennes et j’ai toujours voulu partir et vivre une expérience dans ce pays. C’est pourquoi j’ai décidé de faire ma première année de Master à Aoste en Italie."
"En Vallée d’Aoste il y a deux Université : une qui se concentre sur les domaines des sciences humaines (lettres, langues, etc) et l’autre qui se concentre sur l’économie. J’ai été affecté à l’Université d’économie. La quantité de travail était assez importante par rapport à la France : il fallait connaître le cours par cœur et en détails mais il y avait aussi du matériel fourni en plus et qui pouvait faire l’objet de questions lors des examens. Les enseignants étaient plutôt impliqués et étaient accessibles en cas de besoin des étudiants, même si quelques-uns ne prenaient pas en compte les difficultés que les étudiants étrangers ont pu rencontrer. En général ils étaient plutôt gentils et compréhensifs. En ce qui concerne les étudiants de ma classe, la plupart provenait d’autres villes italiennes comme Turin, Modène, Palerme, ou Ivrea (en vallée d’Aoste). Très peu d’étudiants venaient de la ville d’Aoste. Ils étaient tous un peu distants avec nous et il était difficile de lier des amitiés avec eux.
J’ai trouvé que l’enseignement était de bonne qualité et les enseignants étaient des experts dans leur matière. On a eu beaucoup de cours théoriques mais parfois nous avions des exercices pour nous faire comprendre les mécanismes économiques et les difficultés que l’on pouvait rencontrer dans l’élaboration de projets (financements, acteurs, etc.). Cependant, nous avons eu un cours où il était beaucoup question de compétences pratiques : programmation informatique.
Selon moi, je pense que les examens à Aoste étaient très compliqués car très axés sur des détails du cours. Il faut tout connaître par cœur. En France les examens sont plus axés sur les connaissances générales."
"À Aoste, il n’y avait quasiment pas de vie étudiante. L’Université organisait beaucoup d’évènements qui étaient liés aux cours : conférences, interventions d’experts, etc. Il n’y avait pas d’évènements dans le but de permettre l’intégration des élèves étrangers ou les rencontres. J’ai visité le Nord de l’Italie par moi-même et l’université n’a pas organisé de petits voyages pour que les étudiants étrangers visitent les alentours. L’Université ne contenait pas d’infrastructures sportives et elle ne facilitait pas l’accès aux infrastructures sportives de la ville (réductions étudiantes par exemples). Il était possible d’avoir des bons de réduction pour pouvoir faire les courses et pour manger mais personne ne nous a prévenu et nous nous en sommes rendu compte trop tard, le délai pour les demandes était déjà dépassé. Pour résumer le campus ne facilitait pas les rencontres car il était loin de la ville d’Aoste et plutôt mal desservi par les transports en communs : chacun venait avec sa voiture à l’heure du cours et repartait lorsqu’il était fini. La valeur de l’université d’Aoste était de viser l’excellence et je pense que c’est ce qui la différencie de la France."
"Je ne sais pas si le système de la vallée d’Aoste est plus valide et performant que celui de Nice. Cependant, je me souviens mieux de ce que j’ai appris en Italie car c’était vraiment du par cœur et durant les cours on répétait souvent les mêmes choses. Les cours étaient aussi très spécifiques et on ne survolait pas les sujets comme en France."
"J’ai été un peu déçue de mon séjour à Aoste. Un conseil que je pourrais donner à un futur étudiant en Vallée d’Aoste est : prendre les initiatives par soi-même et de se forcer à sympathiser avec les autres étudiants sinon il va se sentir très seul et ne profitera pas de se séjour."
- Est-ce que tu pourrais raconter en quelque mots qui tu es et quel a été ton parcours universitaire ?
"Je m’appelle Julie R., je suis étudiante en Master 2 Langues et Affaires Internationales Relations Franco-Italiennes. Avant cela j’ai suivi une Licence en Langues Étrangère Appliquées et dans le cadre de ce cursus j’ai choisi d’étudier trois langues : l’anglais, l’italien et l’espagnol."
- Pourquoi as-tu décidé de partir étudier en Italie ?
"J’ai décidé de partir étudier en Italie car c’est un pays dont une grande partie de ma famille est originaire. Mais ce n’est pas la seule raison, je suis également passionnée par la culture et la langue italiennes et j’ai toujours voulu partir et vivre une expérience dans ce pays. C’est pourquoi j’ai décidé de faire ma première année de Master à Aoste en Italie."
- Quelles différences as-tu remarqué entre la France et l’Italie en termes d’enseignement ? (la quantité de travail nécessaire, l’implication et l’attitude des enseignants et des étudiants, la qualité de l’enseignement, si l’enseignement est plus théorique ou pratique….)
"En Vallée d’Aoste il y a deux Université : une qui se concentre sur les domaines des sciences humaines (lettres, langues, etc) et l’autre qui se concentre sur l’économie. J’ai été affecté à l’Université d’économie. La quantité de travail était assez importante par rapport à la France : il fallait connaître le cours par cœur et en détails mais il y avait aussi du matériel fourni en plus et qui pouvait faire l’objet de questions lors des examens. Les enseignants étaient plutôt impliqués et étaient accessibles en cas de besoin des étudiants, même si quelques-uns ne prenaient pas en compte les difficultés que les étudiants étrangers ont pu rencontrer. En général ils étaient plutôt gentils et compréhensifs. En ce qui concerne les étudiants de ma classe, la plupart provenait d’autres villes italiennes comme Turin, Modène, Palerme, ou Ivrea (en vallée d’Aoste). Très peu d’étudiants venaient de la ville d’Aoste. Ils étaient tous un peu distants avec nous et il était difficile de lier des amitiés avec eux.
J’ai trouvé que l’enseignement était de bonne qualité et les enseignants étaient des experts dans leur matière. On a eu beaucoup de cours théoriques mais parfois nous avions des exercices pour nous faire comprendre les mécanismes économiques et les difficultés que l’on pouvait rencontrer dans l’élaboration de projets (financements, acteurs, etc.). Cependant, nous avons eu un cours où il était beaucoup question de compétences pratiques : programmation informatique.
Selon moi, je pense que les examens à Aoste étaient très compliqués car très axés sur des détails du cours. Il faut tout connaître par cœur. En France les examens sont plus axés sur les connaissances générales."
- Quelles différences as-tu remarqué entre la France et l’Italie en termes de vie étudiante ? (C’est-à-dire tout ce qui s’articule autour de l’université : évènements organisés par l’université, vie associative, infrastructure des campus qui favorise, ou non, les rencontres, la valeur de l’université, si elle a plus d’importance en Italie qu’en France)
"À Aoste, il n’y avait quasiment pas de vie étudiante. L’Université organisait beaucoup d’évènements qui étaient liés aux cours : conférences, interventions d’experts, etc. Il n’y avait pas d’évènements dans le but de permettre l’intégration des élèves étrangers ou les rencontres. J’ai visité le Nord de l’Italie par moi-même et l’université n’a pas organisé de petits voyages pour que les étudiants étrangers visitent les alentours. L’Université ne contenait pas d’infrastructures sportives et elle ne facilitait pas l’accès aux infrastructures sportives de la ville (réductions étudiantes par exemples). Il était possible d’avoir des bons de réduction pour pouvoir faire les courses et pour manger mais personne ne nous a prévenu et nous nous en sommes rendu compte trop tard, le délai pour les demandes était déjà dépassé. Pour résumer le campus ne facilitait pas les rencontres car il était loin de la ville d’Aoste et plutôt mal desservi par les transports en communs : chacun venait avec sa voiture à l’heure du cours et repartait lorsqu’il était fini. La valeur de l’université d’Aoste était de viser l’excellence et je pense que c’est ce qui la différencie de la France."
- Selon toi, il y a-t-il un système plus valide et performant que l’autre ? Pourquoi ?
"Je ne sais pas si le système de la vallée d’Aoste est plus valide et performant que celui de Nice. Cependant, je me souviens mieux de ce que j’ai appris en Italie car c’était vraiment du par cœur et durant les cours on répétait souvent les mêmes choses. Les cours étaient aussi très spécifiques et on ne survolait pas les sujets comme en France."
- Pour finir es-tu satisfaite de tes choix ? Et quels conseils pourrais-tu donner à un futur étudiant français en Italie ?
"J’ai été un peu déçue de mon séjour à Aoste. Un conseil que je pourrais donner à un futur étudiant en Vallée d’Aoste est : prendre les initiatives par soi-même et de se forcer à sympathiser avec les autres étudiants sinon il va se sentir très seul et ne profitera pas de se séjour."